Amici di Raul
centro cinofilo a Rubano, Padova

PIT- BULL & AMSTAFF

PIT- BULL & AMSTAFF
Cari amici vorrei parlarvi della mia esperienza con i Pit-Bull e gli Amstaff e per forza di cose del mio viaggio in incognito all’interno del mondo dei combattimenti clandestini fra cani, argomento molto delicato e forte, difficile da digerire, ma che voglio affrontare e raccontare questa cosa di cui molti parlano ma spesso, solo per sentito dire.
Prima però voglio fare una premessa e parlarvi di come può essere nata la “cultura” del combattimento il cui inizio fu in epoca storica.
La modalità dei così detti round, nacque tra le fila dei legionari dell’antica Roma, considerate quasi invincibili, i loro comandanti che erano abili strateghi ed avevano introdotto il concetto di ricambio nelle prime file della battaglia.
Quando i legionari della prima fila erano stanchi (dopo circa 20 minuti) si facevano da parte e veniva avanti la seconda fila e così via per tutta la battaglia.
In questo modo nelle prime file del combattimento c’erano sempre forze fresche, da qui il concetto di ripresa.
Successivamente furono i duelli di stampo cavalleresco e via via nei secoli con le nuove regole per ingentilire i combattimenti. Nacque così il concetto del duello : quello al primo sangue e quello all’ultimo sangue. In pratica, nel primo vinceva chi feriva per primo l’avversario e nel secondo chi lo uccideva; la morte spesso sopraggiungeva per gravi ferite anche molti giorni dopo il duello.
Anche i gladiatori dell’antica Roma avevano regole precise nel combattimento che non sempre terminava con la morte di uno dei due contendenti; ai nostri giorni si associa spesso la figura del gladiatore al Pit-Bull nelle fasi del combattimento.
Fatta questa doverosa premessa iniziamo a parlare di cani.
Agli inizi degli anni 90 ci fu casualmente il mio primo incontro con uno di questi cani, un Amstaff che con il suo proprietario venne presso il mio centro cinofilo di addestramento. Il cane aveva circa 14 mesi, rimasi estasiato, lo addestrai con ottimi risultati e me ne “innamorai” tanto che qualche tempo dopo decisi di allevare questi cani.
Trascorsi il primo anno nel cercare di acquistare un paio di fattrici da allevamenti titolati con affisso, ma fu ahimè una ecatombe di mozzarelle, cani senza doti né abilità lavorative.
Esaminai molti cuccioli, cuccioloni e adulti ma ironizzando, nessuno di questi era in grado di sostenere nemmeno uno scontro con un lombrico tibetano………
Il mio obiettivo, come sempre nel mio stile, era di scegliere dei riproduttori per selezionare cani da utilità a 360° e non riuscendo a trovare soggetti adatti tentai anche la strada con un allevatore che lavorava con linee esclusivamente americane; comprai da lui una cucciola di Amstaff di 60 gg. bianca e nera, soggetto interessante, ma ancora lontana dal mio modello zootecnico di cane performante (tra l’altro pagata profumatamente).
Arrivai alla conclusione che negli allevamenti con affisso non c’era nulla di interessante e che valesse la pena acquistare per iniziare il mio progetto di allevamento.
Mi posi allora una domanda: come mai i malviventi della criminalità organizzata ne avevano di eccezionali? Senza dubbio cani sani, esenti da displasia, con qualità di doti naturali elevate, altrimenti come avrebbero potuto sostenere i combattimenti.?
Capii che dovevo smettere di cercare nei circuiti ufficiali e mio malgrado dovetti infilare il naso dentro quel mondo, per capire la verità di quell’ambiente malvagio e crudele.
Fu così che riscattai Billy, unico, “forse” il mio cane perfetto.
Per poterlo acquistare dovetti inserirmi in quel mondo clandestino, volevo capire le differenze che passavano tra i cani eccellenti, sani e performanti, prigionieri purtroppo di quel mondo distorto e quelli malati e mediocri che avevo conosciuto nella cinofilia ufficiale.
Per fare ciò ebbi la necessità di trovare un garante che mi introducesse nell’ambiente e mi rivolsi ad un ex allievo di Napoli che di soprannome si faceva chiamare Vincenzino o Pit- Bull.
Noleggiai un’auto e partii.
Giunto a Napoli , Vincenzino mi presentò quello che veniva chiamato il “Capo Bastone” (ne esiste uno in ogni rione del centro storico di Napoli), mi presentò garantendo per me, dicendo che ero interessato solamente a comprare un ottimo Pit-Bull. Ma oltre a quello, mi premeva parlare anche con i veterinari che curavano e medicavano i cani dopo le “battaglie”.
Ricordo che il Capo Bastone era un uomo piuttosto grezzo, parlava solo il dialetto stretto ed era evidentemente poco istruito, non riusciva a darmi le risposte che cercavo, ma parlare con i veterinari fu molto ma molto più difficile del previsto.
Alla fine riuscii a parlare con due di loro, in due ambulatori separati, alla presenza del “Capo Bastone”.
Entrambi i medici confermarono che questi Pit non soffrivano di patologie particolari, né scheletriche e né cardio-vascolari, aggiungendo che potevano essere ricuciti senza anestesia, anzi erano soliti leccare le mani mentre venivano suturati.
Ragazzi……..due più due fa quattro!
La realtà di questi cani era che venivano trattati come gladiatori, allenati, massaggiati con unguenti particolari, alimentati con i migliori prodotti presenti sul mercato, per assurdo in questo mondo distorto era proprio così, parola mia.
Un'altra leggenda da sfatare, che riguarda i Pit che gravitano nei circuiti di serie “A”, è che non vengono allenati buttandogli nell’arena poveri cani rubati, non avrebbe nessun senso, come se io mi allenassi con Mike Tyson (a buon intenditor poche parole) così come non è vero che per incattivirli vengono chiusi in buste di plastica insieme a gatti randagi. Non è così credetemi, questi cani sono naturalmente predisposti al combattimento e qui mi fermo su altri pregiudizi e leggende metropolitane sui Pit.
Trascorsi lì alcuni giorni, mi fecero girare a vuoto qua e là per la periferia di Napoli, accompagnato da due “scugnizzi” in scooter. Dopo l’ennesima conferma che ero “ pulito” segnalarono al mio contatto napoletano un cane di 18 mesi, di nome Billy, ritirato dai circuiti perché troppo pesante (un combattimento con molti soldi di scommessa deve durare almeno un’ora, quindi il peso forma per questa prestazione deve essere di max 20/22 Kg. Billy ne pesava almeno 29/30).
Avendo visto altri cani, mi resi conto che avevano sia socialità che docilità marcata con gli esseri umani, bambini compresi, ma erano spietati e “mortali” con i cani.
Ma tornando all’incontro con Billy, prima di arrivare, ci fu tutto un percorso di depistaggio nella periferia sud di Napoli per arrivare in quel posto: il cane si trovava in una “pasticceria”.
Si……. poi mi regalarono un vassoio di sfogliatelle, ma era evidente che era una copertura.
Billy era legato a catena, ricordo una scaletta ripidissima nel retrobottega con una botola, tipo quella dei narco-trafficanti; salita la scala a fatica e uscito dalla piccola botola mi “scontrai” faccia a faccia con il suo muso, pochi centimetri tra noi; era bello, possente, un gladiatore.
Lo pagai una discreta somma ma prima volli provarlo a modo mio, mettendo a rischio anche la mia incolumità, lo rivoltai come un calzino e ad affare concluso me lo consegnarono sedato.
Mi mandarono a comprare un trasportino dicendomi “va a ccattà o trasportino pò cane, ma va là chillu negozi là , propri chillo, e nun pensà di ire a nata part”………
Caricai così Billy sulla macchina a noleggio e partìì alla volta di Milano, mi fermai a Roma nord perché volevo toccarlo, farlo scendere, mi avevano detto di avergli dato “nu poco e sonnifero” ma mi sembrava di avere un toro scatenato in macchina.
Lo tirai fuori dal trasportino con un po’ di azzardo e l’aiuto di un panino al salame.
Arrivato a casa, la sera, mia moglie che è napoletana mi disse “ti sei accattato nu guaio”.
Il profilo di salute e di doti naturali di Billy era perfetto, aveva fatto una decina di combattimenti prima del ritiro, un cane mai visto, stratosferico. Senza dubbio dietro la sua linea c’era una grande variabilità genetica e la morale è sempre la stessa: le linee di sangue sono un miraggio, si vede quello che non c’è.
Mi diede comunque ottimi cuccioli, tutti sani e performanti e vorrei concludere questo mio racconto con un aneddoto che mi lega a Billy e a Carolina mia figlia.
Ma prima della storia dovete sapere che dopo otto mesi di socializzazione con me al Centro Cinofilo, lo portai a casa e divenne oltre che il cane di famiglia e guardiano della proprietà, anche compagno di giochi delle mie due figlie che all’epoca avevano 11 e 6 anni. Vi racconto tutto ciò per dimostrare come questo cane, nonostante il suo passato, avuta la possibilità di mostrarsi per quello che veramente era, lo fece “alla grande”. Con pazienza ero riuscito a costruire un rapporto tale che mi permetteva di lasciarlo libero dal guinzaglio a 50 metri da un altro cane (appena arrivato da Napoli, quando vedeva passare altri cani nel campo di addestramento, era impossibile tenerlo, faceva il matto, voleva sempre fare una strage).
In quel periodo trovavo un po’ strano il suo comportamento in casa e di come fosse così dolce e affettuoso con le mie figlie, Francesca la più grande, lo portava addirittura in giro al guinzaglio e Carolina passava le serate sulla sua groppa facendo cavalluccio……….

Il racconto:
un giorno caricai Carolina e Billy in auto per andare a fare una passeggiata in un posto tranquillo, dove non ci fossero altri cani; Billy ovviamente non era un cane da giardinetti.
Raggiungemmo le sponde del fiume Adda e parcheggiata la macchina iniziammo la passeggiata ma dopo qualche chilometro mia figlia mi disse di essere stanca, era piccola e così la presi in braccio e me la misi sulle spalle. Ci fermammo a riposare in prossimità di una rotonda sulla strada, l’auto era poco distante da lì.
Di fronte alla rotonda c’era un cancello con la recinzione di una grossa cabina della Enel, mi venne allora l’idea di mettere alla prova il comportamento di Billy.
Lo legai al cancello e dissi a Carolina: resta qui vicino a lui, non ti muovere per nessun motivo da qui, se si avvicina qualcuno di che papà sta arrivando, io intanto vado a prendere la macchina.
Mi avviai verso l’auto tenendo a vista Carolina e Billy, potevo osservare e in caso di necessità raggiungerli velocemente. Nel giro di poco si fermarono due auto, il primo automobilista tirò giù il finestrino e disse qualcosa a mia figlia; Billy che era sdraiato si alzò di scatto e lo puntò dritto negli occhi tanto che poi mia figlia mi disse: sai papà Billy ringhiava come una locomotiva.
Il secondo che si fermò scese addirittura dall’auto e Billy lo spaventò al punto che quando sopraggiunsi di corsa mi presi un bel po’ di parolacce da quel povero malcapitato anche se il cane era ben legato.
Concludo dicendo che la morale di questa storia è che un cane di due anni, con il passato che aveva, lasciato vicino da solo alla sua padroncina era andato in “protezione” come mai mi era capitato di vedere con altri dei miei cani.
Credo che il mito di Billy sopravviverà per sempre e le mie conoscenze con i Pit-Bull e gli Amstaff, con cui ho avuto esperienze quasi sempre positive, possano concludersi così.
Buona lettura
Vittorino Meneghetti

pubblicato da Alessandro -





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